martedì 28 aprile 2015
Pulzellini e pulzelline,
ma buongiorno! Come state, “in questo aprile che sembra
dicembre”? Vi state riprendendo da traumi seriali assortiti (ahi, Shonda,
vituperio eccetera)?
Beh, qualunque siano i mali che vi affliggono, per un
istante metteteli da parte: c’è chi sta messo peggio. No, non parlo di me,
bensì degli allegri e festaioli abitanti di Buco del sedere del mondo, Canada.
Siete pronti a scoprire quali nuove sventure affliggono
questo paesino di duecento anime? Nel caso in cui non lo siate, ritiratevi in
disparte, perché io proseguo. Spiace, ma show must go on. Quindi, ladies and
gentlemen, allacciate le cinture: si parte con la recensione dell’ottava puntata!
Siamo sulla spiaggia di un’inquietante torrente
limaccioso, quando compare la scrittina “cinque anni prima”. Claire ha la
treccia in stile scolaretta e sogghigna come lo stregatto dopo un trip acido.
Scatta foto su foto, invitando il proprio modello a cambiare posa; quando
l’inquadratura cambia, scopriamo che si tratta di Peter lo psicologo. Perché il
direttore di un centro ricreativo debba aver bisogno di un servizio da campagna
pubblicitaria non è dato sapere.
I due, ad ogni modo, tubano come tredicenni, e sei figo,
e sei sexy, e mi levo camicia e pantaloni e mi butto in acqua perché tanto lo
so che mi hai trascinato in questo posto solo per vedermi nudo,
e ti sfido a raggiungermi, e ti spogli pure tu, e nuotiamo,
zumpiamo e ci sdraiamo a bere champagne sul terric – pardon, sulla sabbia. Hai
capito, quell’acqua cheta di Suor Maria Claretta (dotta cit.). Segue dialogo al
glucosio puro su come l’aspirazione di Claire fosse sempre stata quella di
diventare una fotografa professionista, salvo poi incontrare Jack e mollare il
college per seguirlo. E, aggiungo, farci due figlie, prontamente tirate in
ballo quando Peter prova a suggerire che non è mai troppo tardi per cambiare
vita. Lui, che non è genitore, non può capire – ed è così che, subito dopo, la
donna gli rimette la lingua in bocca.
Poco dopo, la vediamo rientrare all’ovile, con i vestiti
sconvolti e i capelli ridotti a un covone di fieno. Naturalmente, Jack, che sta
guardando Twilight con le figlie e ne approfitta per piazzarci due battutine
sullo scintillio di Edoardo (quest’uomo è un eroe. Non credo che sarei riuscita
a mantenere l’attenzione di mio padre su un film simile nemmeno incatenandolo
al divano), non si accorge di nulla, si beve le due cavolate di rito su una
mostra che la moglie starebbe organizzando al Caldwell Community Centre e se
l’abbraccia e se la sbaciucchia pure un po’.
Su questa ventata di acume, titoli di testa.
Oggi, Claire si rigira nel letto vuoto.
Piccola parentesi: grazie all’admin di Les Revenants –
Italia, a cui mando un bacio, mi sono resa conto che la scena della scorsa
puntata in cui avevo visto Rowan alzarsi dal fianco di Tommy ritrae invece
Claire, che lascia Peter al CCC dopo una zumpata e ritorna a casa.
Chiedo perdono, semino neuroni e diottrie come se
piovesse.
Comunque, Camille sente un rumore: è Lena, che,
nonostante le mie pessimistiche previsioni, è riuscita a riguadagnare la via di
casa.
La ragazza, scossa e con addosso la tend – il vestito!
della mamma di Adam (no, non mi stancherò mai di ripeterlo), chiede perdono
alla sorella, e le due si abbracciano singhiozzando. La loro madre appare sulle
scale, visivamente commossa.
Puzza di happy ending? Temo sia troppo presto.
Da un’altra parte, la situazione è tragica: i paramedici
stanno portando via una barella all’apparenza piena, e Rowan risponde alle
domande di un poliziotto asiatico spuntato dal nulla. Questa lurida, infida
finta santarellina con la frangetta
sostiene di essere stata oggetto di stalking da parte di
un uomo che le diceva di essere il suo fidanzato, morto anni prima. Aggiunge
inoltre che lo sconosciuto – manco
Pietro con Gesù Cristo! – è riuscito ad entrare in casa sua, e ha manifestato
l’intenzione di portarla via con sé; quando lei ha resistito, le ha puntato un
coltello alla gola.
Che cosa?
E per fortuna che è entrato quel maniaco dal grilletto
facile di Tommy, eh! Se no, sai che casino!
VOI NON POTETE VEDERMI, MA MI STANNO FUMANDO LE ORECCHIE.
A distogliermi dai miei propositi rowanlesionisti, cambio
di scena. Alla centrale di polizia, Nikki nasconde svelta nel cassetto una foto
con la tipa con cui stava zumpando due o tre puntate fa,
(repetita iuvant)
e intanto riceve da un collega una cartella che ha
richiesto: il fascicolo su un duplice omicidio avvenuto nel 1986. C’è bisogno
di dire che, nelle foto, il bambino sparato è abbastanza inequivocabilmente
morto, e del tutto inequivocabilmente Victor?
In tutto questo, io mi chiedo dove sia Ben il totano, che
nel mio cuore ha preso il posto di Odisseo come eroe della conoscenza.
Con il culo un po’ in fiamme, ed era ora, Nikki butta giù
dal letto Julie a notte fonda, raccontandole quello che ha scoperto. Nonostante
ci sia abbastanza materiale per farla fare addosso a un supereroe,
la dottoressa delira su scene mistiche, sul fatto che
qualunque cosa sia accaduta a Victor appartiene al passato (parliamo sempre di
un non morto, non di un fidanzato del college con alle spalle problemi di
droga. Friendly reminder), e lui le è stato mandato per una ragione, ed il loro
destino è proteggersi a vicenda, e e e.
Donna, tu dovresti aver frequentato per almeno cinque
anni una facoltà scientifica. Che cosa diavolo hai in testa?
Al che, Nikki sgancia la bomba: quattro anni prima,
un’altra single dell’età di Julie aveva compilato una denuncia di persona
scomparsa, raccontando come avesse incontrato davanti a casa propria un bambino
di circa otto anni, che non parlava e che nessuno era venuto a cercare.
Frattanto, l’inquietantissimo Victor si alza e origlia.
Oh, Sette Dèi.
La donna in questione era l’insegnante della scolaresca
morta sull’autobus, ed è rimasta lei stessa vittima dell’incidente. Niente,
Julie non riaccoppia i neuroni.
La vicesceriffa sussurra urlando – non è un ossimoro. O
almeno, lei ce la fa – che la ricostruzione dello schianto aveva sempre voluto
che un animale si fosse buttato in mezzo alla strada, facendo sbandare il
veicolo.
Beh, e se non si fosse trattato di un animale?
Altro balzo indietro nel tempo: stavolta la scritta dice
“quattro anni prima”.
Una signora bruna lotta con Victor, che lei chiama Zach,
cercando di farlo scendere dall’auto. Ha capito che qualcosa non va in lui, e
gli dice che lui non appartiene a quel mondo, e deve tornare da dove è venuto;
la geniale soluzione è abbandonarlo nel mezzo di una foresta.
Mentre la macchina si allontana, Victor la fissa con uno
sguardo che mi ha gelato i peli delle braccia. Spero con tutto il cuore che
l’abbiano addestrato per renderlo così inquietante, o al posto di sua madre non
dormirei sonni tranquilli.
Tre giorni dopo, ad ogni modo, la donna è sullo scuolabus
e sta sedando l’attacco isterico di Camille, di cui in una delle prime puntate.
Qualcosa invade la carreggiata, e l’autista sterza, perdendo il controllo del
mezzo: l’ultima cosa che l’insegnante vede è il placido viso di Victor, che sta
ritto in mezzo alla strada.
Ritorno al presente. Nikki sta tentando di far ragionare
l’amante, ma Julie ha la testa morbida come una parete di roccia. Per quanto le
rimostranze della vicesceriffa siano del tutto sensate – nessuna delle due ha
idea di che cosa il ragazzino sia in grado di fare, e la sua vicinanza è
preoccupante -, la dottoressa non fa altro che dirle che lei non può capire
(sembra di essere tornati ai tempi d’oro di Netlog, quando avevamo tredici
anni) e cacciarla di casa.
Perché se qualcuno cerca di fare qualcosa di sensato, in
questo telefilm lo ostracizzano o lo arrestano.
Victor si è steso alla velocità della luce sul letto, ed
interpreta la parte del bravo bimbo semiassopito. Julie gli mormora che è a
conoscenza del male che gli è stato fatto; qualcuno, dice, ha fatto del male
anche a lei. Lei lo capisce, e non lo abbandonerà mai. Sfiora la fronte del
bambino con le labbra, e questi sorride.
Un sorriso che mi rassicura più o meno quanto questo.
A casa Winship, Lena sta raccontando alla famiglia
riunita + Peter l’onnipresente quello che ha subito negli ultimi giorni.
Estromettendo tuttavia un piccolo dettaglio, ovvero
l’esistenza di Adam.
Non ricorda come si sia trovata nel cottage
del gestore del Dog Star, ha raccolto la catenina di Lucy, Tony è rientrato,
l’ha vista e l’ha legata.
E lei chiaramente si è liberata da sola, perché è
Houdini.
Nonostante le proteste degli altri, e in primis di Peter,
al quale strilla un meritato “Non si tratta della tua famiglia!”, Jack prende
la macchina e si dirige a tutta velocità verso il cottage incriminato. Lo
psicologo, manco a dirlo, lo insegue.
Di fronte al rombo dei motori, Tony comprende, e il suo
primo pensiero è mettere al sicuro Adam, il quale balbetta che non è possibile,
perché Lena aveva giurato di non dirlo a nessuno.
Per essere un ex serial killer sociopatico, questo
ragazzo è davvero sveglio. Tipo quest’altro.
Il problema è che l’inferocito Jack non sembra avere
bersagli che non siano Tony stesso, e, sfruttando l’effetto sorpresa, inizia a
dargliele di santa ragione. Peter tenta la carta del ragionamento, poi osserva
per qualche secondo, poi raccoglie un ciocco di legno e lo sbatte sul cranio
del marito della sua amante.
Sirene, due uomini a terra. Regolare, insomma.
Frattanto, Camille accarezza la schiena della gemella, e
scopre che la piaga è quasi guarita. E’ Lena stessa a fornire una sorta di
spiegazione: la comparsa della ferita è stata dovuta al suo senso di colpa per
non essersi trovata sul bus, quel giorno. Ora che ha realizzato che Camille è
tornata sul serio, e ha capito che “non è mai troppo tardi per essere diversi”
(ricordate?), il problema si sta risolvendo spontaneamente. Dal canto
proprio, Camille spiega che negli ultimi giorni ha capito come dev’essersi
sentita Lena subito dopo la sua morte, e che non vuole mai più provare niente
di simile. L’altra concorda, e le due si abbracciano.
Altrove, Tommy lo stalker rientra con un mazzo di fiori
per la quasi sposina bugiarda e traditrice, e si dimostra un po’ scosso alla
vista delle macchie di sangue ancora non lavate dal portico.
Non avete sempre pensato che portare delle fresie in una
casa che è appena stata teatro di un brutale omicidio sia un gesto dolce?
Al piano di sotto, attenzione attenzione, c’è un
secchiello di candeggina con due guanti abbandonati accanto. Sbadiglio.
Tommy corre di sopra, io per un attimo ci spero e invece
boh, niente, Rowan è sul letto, ma a dormicchiare ascoltando la musica. Nessun
senso di colpa per la sogliola frangettona.
Su richiesta, l’infame porge al compagno un auricolare, e
gli chiede se riconosca la canzone; ovvio, risponde lui (e te lo credo: non
penso sia possibile essere cresciuti nell’emisfero occidentale senza aver mai
sentito Baby, it’s a wild world), è
quella del loro primo appuntamento. Ovvero, veniamo a sapere, qualche isolato
in macchina con l’autoradio accesa, prima che a Rowan si rompessero le acque.
A quanto pare, Tommy è ugualmente convinto che sia stata
la serata migliore della sua vita. De gustibus eccetera.
Confermando di star bene e di non avere alcun peso sulla
coscienza (PENTITI E VERGOGNATI), Rowan allevia i sensi di colpa dello
sceriffo, il quale non aveva mai sparato a nessuno, dicendogli che Simon aveva
scelto di morire anni prima, abbandonandola.
Quindi, giustamente, si è meritato la pallottola in pancia.
Cat Stevens viene scelto come colonna sonora del primo
ballo al matrimonio, e i due futuri Mr e Mrs si abbandonano a una zumpata senza
pensieri. No, ma fate pure, non avete appena mandato un innocente sottoterra.
Alla stazione di polizia, invece, assistiamo ad un
fenomeno opposto: c’è chi si lava la coscienza, e chi invece confessa una serie
di crimini atroci che non ha commesso.
Determinato a salvare Adam, Tony racconta a Tommy e Nikki
di aver pugnalato, morsicato e derubato di trofei tutte le donne che sono
state, in realtà, vittime di suo fratello.
Ovviamente, Nikki telefona subito a Julie, comunicandole
che hanno preso colui che ha quasi distrutto la sua vita. La dottoressa spiega
a Victor che la polizia ha in custodia chi le ha fatto del male tanto tempo
prima, ed ora agli agenti serve il suo aiuto; se vuole, può andare con lei, a
patto di rispondere ad eventuali domande dicendo di essere suo nipote.
Solo io ho l’impressione che non finirà bene?
Intanto, Peter telefona a Claire e la rassicura sul fatto
che Jack non andrà incontro ad accuse, dato che Tony ha confessato. A domanda, risponde inoltre che il marito della donna
avrebbe ucciso il presunto colpevole, se lui non lo avesse fermato.
Dopo averlo ringraziato, Claire si lascia scappare un
quantomai opportuno “Ti amo”. Peter, che è a portata d’orecchi del marito
psicologicamente instabile della propria amante, replica con un bel “Ti amo
anch’io.”
Niente ulteriori scazzottate per ora, sorry.
Camille ricomincia tosto a rompere le balle, chiedendo,
proprio in questa circostanza, alla madre se può darle uno strappo da una delle
coppie del gruppo di supporto. Perché? Per portare loro un po’ delle mele che
piacevano tanto al loro defunto figlio.
Va beh, io alzo le mani.
Claire fa, a onor del vero, un tentativo di mandarla a
quel paese, ma Camille piagnucola che non riesce a smettere di pensare alle
coppie presenti la sera prima. In fondo, la sua famiglia l’ha riavuta, mentre
gli altri…
Tutto bello e tutto giusto, ma qua stanno arrestando un
sedicente serial killer.
Madre e figlia si recano quindi a casa dei genitori in
questione, e capiscono subito che qualcosa non va: le macchine sono entrambe
nel vialetto e la porta è aperta, ma nessuno risponde ai loro richiami.
Proseguendo verso il salotto, si trovano di fronte ad uno spettacolo terribile:
i coniugi si sono impiccati di fronte ad una sorta di altare pieno di foto del
figlio.
Avete presente quando il vostro stesso gioco vi sfugge di
mano, e col botto?
Così, ecco.
Alla centrale, Victor viene affidato alla famosa
segretaria che svolge funzioni di piantone (siamo in ristrettezze economiche),
e Julie viene interrogata, assicurando che non ha perso gioielli o altri
piccoli oggetti la notte dell’aggressione. Alla richiesta di vedere Tony di
persona, nonostante non ricordi quasi nulla del volto dell’assassino, la
dottoressa ha una mezza crisi di panico.
Nikki, un faro di speranze in questa cittadina di
dementi, cerca con calma di risolvergliela.
Tornato al cottage, Adam vede ovunque nastri della
polizia con scritto “do not cross”. Se ne sbatte altamente i maroni, spalanca
la porta del capanno e si accorge che tutte le prove accumulate lì dentro sono
state portate via. Chiama il fratello ma, chiaramente, non ottiene risposta.
Non è l’unico, comunque, ad essere turbato: Claire
racconta alla strana coppia, ovvero il marito e Peter, che cosa ha trovato
durante la propria visita ai genitori del gruppo. Dice inoltre di non aver
chiamato la polizia, perché era con Camille e sa che lo sceriffo la sta già
cercando.
Ma ecco Peter tuttofare, una soluzione per ogni problema,
la roccia delle casalinghe in crisi
(okay, più o meno): lo psicologo si recherà lui stesso
sulla scena della tragedia, e poi denuncerà il fatto senza menzionare le
Winship.
A questo punto, Jack ha il coraggio di affrontare
l’elefante fermo in mezzo alla stanza, e proclama chiaro e tondo che, se non
fosse stato per i consigli di Peter, sua figlia non sarebbe mai andata a
raccontare a persone in lutto quanto i loro figli sentissero la mancanza di
mamma&papà. Lo psicologo si arrampica sui vetri: capiamo che l’ha fatta
grossa quando Claire, inaspettatamente, si schiera con il marito.
Jack urla a Peter di prendersi qualche responsabilità e
l’altro perde il controllo: tutto d’un fiato, gli sputa addosso che è ironico
che sia lui a parlare di responsabilità, quando per anni ha lasciato una moglie
e una figlia distrutte a sé stesse, preso dall’alcol e dalle scopate (sic) con
Lucy.
Claire insorge, e sibila che Peter non ha alcun diritto
di parlare così a suo marito, prima di sbatterlo fuori di casa.
Uno a zero.
Non contento, Jack segue lo psicologo, e gli espone ciò
che pensa di lui: non è altro che uno squallido approfittatore, che ha
sfruttato il dolore di una donna per intrufolarsi nel suo letto.
Qui, come sappiamo, Peter ha un contrattacco valido. Non
solo, esclama, sprezzante, Jack non conosce lui: è evidente che non conosce
neanche la propria moglie, o saprebbe che lui e Claire erano amanti fin da un
anno prima dell’incidente. L’uomo non pare propenso a credergli, almeno finché,
un attimo prima di andarsene, Peter non gli chiede che cosa pensava sul serio
che Claire facesse tutti i pomeriggi al CCC – volontariato?
Lo so, sto abusando di Fry. Scusate.
In casa, Lena cerca di consolare Camille, ricordando le
stravaganze della coppia di suicidi: tenevano i denti da latte del figlio in un
barattolo, figurarsi! Che tra questo e uccidersi ci sia un abisso è un
dettaglio che viene trascurato. ‘cchei.
Ad ogni modo, il nocciolo del discorso di Lena è che non
puoi fare in modo che qualcuno si ammazzi: la decisione, alla fin fine, spetta
alla persona stessa e a nessun altro. La ragazzina, tuttavia, non è convinta, e
teme di stare diventando qualcosa di malvagio.
Nonostante le rassicurazioni di Lena, a noi qualche
brivido viene. Ma abbiamo già visto cose eccetera.
Alla stazione di polizia, Adam irrompe, deciso a parlare
con un rappresentate della legge. La segretaria, che fino a qualche secondo
prima si stava meravigliando della capacità di Victor di divorare biscotti, lo
invita a sedersi e a spiegarle la ragione di tanta fretta, e perde dunque di
vista il nostro babykiller preferito. Non una gran mossa.
Il bambino trova la sala interrogatori, e dunque Tony,
l’uomo che si sospetta abbia fatto del male a Julie. Si limita a fissarlo con i
soliti occhi spaventosi, e il neon sopra la testa dell’indagato sfrigola in
modo sinistro.
Compare dal nulla la figura di un’anziana donna: è la
madre di Tony, la quale gli dice senza mezzi termini che non può tenere un
segreto come quello che si accinge a sopportare per tutta la vita. Non perché
non è giusto; perché è troppo stupido.
E’ evidente che a controllare la visione è Victor; la
signora ripete che il figlio può fare una e una sola cosa per uscire da quella
situazione, mentre Julie torna nell’ingresso della centrale e incrocia Adam.
Per un attimo pare che ci sia un lampo di riconoscimento, ma le priorità
diventano altre: gli ululati di Tony e rumori di forti colpi invadono il luogo.
Tutti corrono a vedere, e troviamo Victor serafico e
quasi sorridente, mentre il gestore del Dog Star sbatte la testa contro il
tavolo cui è ammanettato così forte da essersi già coperto di sangue. Due
poliziotti corrono per fermarlo, e gli urlano che non c’è alcun bisogno di
ferirsi; il fantasma della madre controllato da Victor, però, ripete il
contrario…
E’ un attimo: uno dei due giovani ha dimenticato di
lasciare la pistola fuori dalla stanza. Tony l’afferra dopo una minima
colluttazione e, pochi istanti dopo, si spara alla testa, uccidendosi sul
colpo.
Julie, che pur essendo un po’ rimbecillita si è resa
conto del coinvolgimento del proprio sedicente nipote, afferra Victor e lo
trascina via; frattanto, Adam corre, disperato, allontandosi sempre di più da
quella città maledetta.
E daje torto.
Chloe, spedita a casa della nonna nella scorsa puntata,
rientra, e chiede immediatamente a Rowan se l’angelo sia venuto. Uh - oh.
Mentre io gongolo, la madre snaturata le spiega che il
suo papà è dovuto tornare in paradiso; un padre, però, è qualcuno che si prende
cura di te, come Tommy ha fatto con lei da quando era bambina.
Chloe non se la beve, e singhiozza, dicendo di volere i
proprio papà. Come la mettiamo, Rowan Cara?
E la situazione non si semplificherà presto. L’ultima
inquadratura di questo eccitante ottavo episodio, infatti, ci mostra un Simon
desnudo che apre a calci il cassetto dell’obitorio dove l’hanno rinchiuso.
Che dire?
Devo ammettere non solo di avvertire un dolore fisico al
pensiero dell’attesa del penultimo episodio (Non ho trovato il promo...
perdonatemi), ma anche che questa volta mi sbilancerei con un sette e mezzo. Ritmo serrato, buona progressione della trama, bei cambi di inquadratura (di solito non li amo, sono troppo bruschi), quasi nessuna storyline lasciata in disparte – quasi, perché non c’è spazio per quella di Helen. In ogni caso, ci stiamo avvicinando al finale, e direi che lo stiamo facendo in grande stile.
perdonatemi), ma anche che questa volta mi sbilancerei con un sette e mezzo. Ritmo serrato, buona progressione della trama, bei cambi di inquadratura (di solito non li amo, sono troppo bruschi), quasi nessuna storyline lasciata in disparte – quasi, perché non c’è spazio per quella di Helen. In ogni caso, ci stiamo avvicinando al finale, e direi che lo stiamo facendo in grande stile.
Nell’attesa di tornare ad infastidirvi questa settimana, vi ricordo di spolliciare la pagina Facebook di Diretta Telefilm e di seguire il profilo Twitter per tutte le news sulle vostre serie preferite!
Un ringraziamento speciale, inoltre, alle pagine che hanno pubblicato la mia recensione precendente:
Tanti orsetti gommosi agli admin, che sono stati disponibilissimi e carini!
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